Per fare un grande blues non basta una grande armonica…


Quando sentivo i primissimi successi di Bob Dylan , agli inizi anni sessanta, mi ricordavo di aver già sentito quel suono particolare in certi “traditionals” che mio padre suonava a casa spesso e volentieri, erano dei vecchi 78 giri che però non mi sono più usciti dalla mente, erano ballate lente, frusciavano e gracchiavano ma le frequenze dell’armonica esaltavano in ogni brano.

Parecchi anni più tardi mi resi conto che erano dischi, adesso preziose rarità, di Sonny Terry , Big Bill Broonzy e John Lee Hooker, ma sono sicuro c’erano anche edizioni Chess con Little Walter e la band del grandissimi Mississippi Muddy Waters e quando ci fu l’esplosione del “beat made in Italy” e giovane liceale me ne andavo al Piper di Milano per ascoltare i primi gruppi capelloni, la prima cosa che andavo a cercare era se nella band figurava l’armonicista…

Spesso era il chitarrista o il bassista che si cimentava con lo strumento principe del BLUES. Sapete cari amici di “DOCTORHARP” chi furono i miei primi modelli, ancor prima di Sonny Boy Williamson e Paul Butterfield? Il mitico Pietruccio dei Dik Dik e Paul Bradley, in arte Mal dei Primitives.

Appena sentivo il suono dell’armonica a bocca, sentivo che qualcosa di familiare si stava muovendo in me, forse proprio in quei fumosi locali studenteschi realizzai che sarebbe diventato il “MIO” strumento.

Ci vollero anni e anni prima di poter riuscire a eseguire qualcosa di “decente”, prima erano solo suoni, brutti, in libertà e note stonate che facevano incaponire la pelle.
Ma quando la passione è più forte dell’invito a smettere, fatto da parenti ed amici , allora sei sulla buona strada e lì inizia il cammino a ritroso, per andare alla ricerca di tutto e di più. I blues acustici della tradizione nero americana, il microfono che satura di più, l’armonica difficile da reperire, l’amplificatore valvolare diventano i tuoi interessi primari, la voglia di andare a fondo nel capire l’armonica segnano le tue giornate di giovane studente.

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E poi arriva la prima band, i primi dischi, le prime esibizioni dal vivo, ed allora ti rendi conto che non sei solo, per fortuna, a coltivare quella “insana”passione per l’armonica a bocca e per il Blues.

Arrivano anche le prime collaborazioni e concerti con artisti stranieri, e cominci a capire i mille segreti dello strumento, un’esperienza indimenticabile come quella vissuta con Mike Bloomfield che mi raccontava della sua lunga storia di amicizia con Paul Butterfield , o l’incontro con Jerry Portnoy quando suonava con Muddy Waters, o quando sono andato a trovarlo prima del concerto con l’amico Eric Clapton.. Le lunghe chiaccherate con Carey Bell o con il mio mito Charlie Musselwhite!

Quante cose ho imparato da loro, insegnamenti di vita più che segreti tecnici e stilistici! Sì perché poi il Blues insegna che puoi essere un grande con uno stile asciutto ed essenziale. Perché anche nel BLUES è la passione ed il cuore che ti avvicinano alla gente..Sono davvero contento di poter scrivere questi miei pensieri e ricordi sul mio sito preferito

Grazie per avermi ospitato e per poter pubblicamente ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito in 30 anni di carriera, grazie ad ognuno di voi cari amici del Blues, e ricordate che tutti noi dobbiamo sempre imparare qualcosa, anche da chi magari non ha dischi e concerti live alle spalle… Quindi apriamo le nostre menti ed i nostri cuori al Blues, e all’armonica a bocca.

Ciao, KEEP ON BLUESIN

Fabio Treves