L’armonica italiana: valutazioni di un armonicista professionista


Salve a tutti. Era da giorni che volevo scrivere qualcosa che penso da anni e le recenti, più o meno velate, polemiche circa quanto è accaduto (o meglio, circa quanto non è accaduto) a Trossingen, mi hanno fornito solo quell’ulteriore, minimo stimolo che attendevo da tempo per esplodere.

Da come sono andate le cose lì in Germania e da come in generale vanno le cose per il mondo dell’armonica italiana, mi pare chiaro che ci sarebbe bisogno di una svolta stilata, se non altro, vedendo quanto è accaduto per un ambito parallelo al nostro, quello dei nostri “cugini” fisarmonicisti. Qualcuno da tempo vagheggia che tale svolta possa albergare in un certo tipo di associazionismo che dovrebbe idealmente dare all’armonica e ai suoi paladini quella marcia in più, quella visibilità che pare meritare.

Personalmente sono del tutto contrario a una visione del genere e mi accingo a spiegare quanto più precisamente possibile le ragioni del mio dissenso, cercando però di non essere solo un “picconatore”. Tenterò infatti, di dare, mio malgrado, in chiusura d’articolo, un contributo costruttivo all’intera faccenda che, dal mio parziale punto di vista, appare ben più complessa, cosa che implica una soluzione difficile. Forse, allo stato attuale delle cose, impossibile.

Il mondo degli armonicsti italiani (parlo solo di noi per ovvi motivi. Degli “altri” ho solo informazioni frammentarie) è particolarmente variegato e per comodità lo stratificherò in categorie sovrapposte.

Mondo dilettantistico:

affollato, interessato, effervescente, lo conosco tramite sortite in anonimato che compio qui e là per scoprire cosa “bolle in pentola”. È il classico ambiente di gente che onestamente si diletta, ovvero si diverte, e mi sembra che ci riesca benissimo. Costoro non hanno bisogno di molto di più di ciò che sanno già darsi da soli. Di tanto in tanto si lamentano della latitanza dai forum dei professionisti – ovvero coloro che con l’armonica ci lavorano – come me i quali, (credo che il motivo sia poi lo stesso per tutti, ma magari mi sbaglio), giocano altrove le loro partite scoprendo che gli appassionati amano sapere vita, morte, miracoli, endorsement, gossip, amori, … solo di personaggi stranieri e quasi mai dei professionisti nostrani, troppo vicini per avere un giusto appeal.

Ogni tanto spunta qualcuno che ipotizza un certo vantaggio che riceveremmo noi professionisti se solo frequentassimo ogni tanto i forum. Questa penso sia la motivazione che adducono per giustificare la loro completa ignoranza di ciò che ci accade e di ciò che facciamo accadere con sforzi immani. Mi verrebbe da chiedere loro quante volte ricevono nel forum la visita dei personaggi stranieri che tanto amano, quante volte riescono a interagire con loro.

So, perché lo leggo, che sono “cacciatori” accaniti di testi, video, file audio inerenti l’armonica e gli armonicisti stranieri e so quindi che, se volessero, potrebbero essere coloro i quali sostengono con forza anche la causa dell’armonica italiana facendo loro per primi il tifo per coloro i quali STUDIANO l’armonica non accontentandosi mai dello strumento, dei suoi limiti e dei propri limiti come persone, come musicisti.

L’effetto della mancanza di un mondo dilettantistico informato sulle vicende dell’armonica italiana penso sia, tra le altre cose, responsabile anche del fatto che capita spesso a un professionista (mi sono confrontato con altri e capita anche a loro) di sentirsi dire dopo aver suonato in un posto x: “Scusa, ma tu chi sei? R.: “Pinco, Pinco Pallo”. “Ah, … (imbarazzo: non lo ha mai sentito prima.

Poi prende coraggio e tenta di sdrammatizzare facendo la domanda fatidica:) conosci Olivier Ker Ourio?” Oppure Antonio Serrano oppurechivoletevoi. Insomma, senza la base che potrebbe ascoltare, cliccare i nostri video etc, accade che in Italia gli sconosciuti siano gli stessi italiani e che i famosi invece siano, al solito, gli stranieri. E questo, mi preme sottolinearlo, nonostante in Italia, a suonare professionalmente siamo solo una decina scarsa di persone! Sarebbe veramente facile sapere qualcosa di noi. E anche di più di qualcosa.

Dalla mia analisi dei forum scaturisce quindi che questo folto pubblico non è il pubblico degli italiani. Senza lanciarmi in valutazioni forse troppo pretenziose, posso affermare con certezza che non è il mio pubblico e ciò mi basta per stabilire che non ho neinte da condividere con loro in una eventuale associazione.

Mondo professionistico

Questo a sua volta si stratifica ulteriormente:

Ci sono i cromatici: classici, jazzisti e spesso si trovano persone che frequentano assiduamente entrambi i generi.

Ci sono cromatici che suonano rock, blues, tango e musiche popolari (vedi i bravissimi Manlio Milazzi e Gianluca Caselli, giusto per citarne un paio).

Ci sono molti bravissimi diatonici divisi tra bluesman, rocker e altri che frequentano entrambi i generi.

Più rari (vedi ad esempio l’eccellente Triassi) alcuni che suonano con la diatonica jazz e blues.

Conosco bene il primo ambiente e un po’meno bene il secondo. Nell’entourage di persone che frequento e che stimo (altrimenti non le frequenterei. Credo e spero che con me si comportino allo stesso modo) vi sono pochi nomi che elenco in ordine alfabetico: Federico Bertelli, il compianto Alberto Borsari, Willi Burger, Luigi Ferrara, Gianluigi Mattavelli, Alberto Varaldo (chiedo scusa a coloro che ho dimenticato).

Qui parlo di gente di cui so che affronta con serietà lo studio dello strumento considerandolo allo stesso modo di come lo considero io, ovvero proprio uno “strumento”, quindi qualcosa di cui servirsi per fare qualcos’altro. Siamo tutti innamorati dell’oggetto armonica che ci ostiniamo a usare perché l’abbiamo accidentalmente incontrato in condizioni, situazioni, stati d’animo particolari che ci hanno definitivamente segnato. In fondo però, quello che ci preme è fare MUSICA. Non siamo quindi interessati alla musica che l’armonica può fare.

Piuttosto siamo lì che cerchiamo di raggiungere qualcosa che fa parte dell’idea complessa di musica e non della semplice idea di armonica. Questo vuol dire non accontentarsi mai, vuol dire mettersi in gioco, ascoltare moltissimo, studiare anche altro che non sia solo lo strumento. Significa saper leggere la musica, conoscerla quanto più possibile, studiare i vari stili, l’attualità. Spesso significa anche scrivere musica nuova, significa mettere su progetti, lavorarci su, pianificare le prove con i gruppi, fare le prove, scrivere gli arrangiamenti e significa pianificare il mese anche grazie agli introiti che la stessa musica può dare.

Poi vi sono alcuni personaggi che, pur facendo tutto ciò che dicevo, alla prima occasione – magari in una trasmissione sulla rete televisiva nazionale – affermano di essere “gli unici professionisti in Italia”. Costoro hanno il mio rispetto per quanto riguarda le capacità tecniche e intellettuali. Non ne hanno affatto da un punto di vista umano: oltre che sentirmi offeso in prima persona, sento che viene fatto un grande torto al mondo armonicistico italiano che in una frase di pochi secondi viene spazzato via, ridotto al nulla più totale grazie al potente mezzo televisivo che, si sa, è quello più veloce ed efficace per creare consensi e diffusione della cultura (o, come in questo caso, dell’ignoranza).

Bene, ora sappiamo che gli italiani che hanno visto uno dei programmi più seguiti della Televisione, sanno che c’è uno e un solo unto dal signore che suona professionalmente l’armonica a livello internazionale. Mi inchino e torno a lavorare nell’ombra.

Poi vi sono altri che di professionale hanno solo la grande, immensa e necessaria capacità di creare contatti, consensi, occasioni, di affabulare e di far muovere soldi. A furia di agire in questo modo, hanno totalizzato visibilità, articoloni e curriculum artistici da fargli meritare almeno un Grammy Award. La loro musica non mi piace, ma questo capita, e capita anche alla mia: fa parte del gioco.

So comunque giudicare il livello tecnico: non si può sperare di farla franca con  persone che conoscono bene cosa voglia dire suonare l’armonica, cavarci fuori delle cose che vadano oltre una certa soglia di decenza. Passatemi il concetto: se non fosse possibile emettere giudizi del genere, allora le audizioni in teatro per i concorsi a cui si sottopongono flautisti, pianisti, clarinettisti, …, non potrebbero e non andrebbero fatte. Questi sedicenti armonicisti professionisti si ritrovano a fare parte della squadra proprio grazie al fatto che essere armonicisti oggi significa, come cinquanta anni fa, essere dei pionieri.

Non ci sono regole, non ci sono scuole degne di questo nome, non ci sono esami. Insomma: non c’è un movimento, quindi non c’è una cultura ma divese sotto-culture. E in una situazione del genere, ognuno si arrangia come può. A questi signori quindi va tutta la mia ammirazione esclusivamente per la sola loro capacità che me li fa invidiare tanto: quella di “galleggiare” al di sopra degli altri. Lo ripeto: sono invidioso come non mai del loro successo. Mi inchino ancora una volta e torno a lavorare nella solita ombra.

Facendo il musicista da anni, ho visto crescere gli entusiasmi per la nascita di sindacati e associazioni di musicisti, prima fra tutti l’oramai defunta Associazione Musicisti di Jazz (A.M.J) della quale ho pure fatto parte. Il terreno in Italia purtroppo non mi sembra per niente fertile per iniziative del genere e la frustrazione che sento io e che forse qualcuno condivide, mi fa affermare con forza che non aderirei mai a una aggregazione di armonicisti.

Sono stato io ad accendere la miccia che in un primo momento ha causato solo pochi sbotti in telefonate private svoltesi in quel piccolo circuito di cui sopra, al quale aggiungerei i nomi del buon Antonio Piana e sua moglie Renata i quali si stanno adoperando non poco, con energie fisiche e coraggiosi investimenti economici, per costruire una ricercata discografa italiana (ma non solo) del nostro strumento preferito. A queste piccole proteste private, si è aggiunta in un secondo momento la lieve ma precisa contestazione di Varaldo.

In una associazione bisognerebbe condividere, e già immagino come, con la circolazione di idee, spartiti rari, lezioni, dritte, ecc. molti si sentirebbero di poter andare in giro a suonare rubando quel già poco lavoro che c’è. Un giorno mi piacerebbe insegnare armonica in un conservatorio: almeno in quel caso vi sarebbe un riconoscimento ufficiale dell’attività svolta, uno stipendio dignitoso e una certa continuità didattica. Mi piacerebbe anche pubblicare qualcosa sullo strumento e non è detto che non lo farò: lì, a ripagarmi, spero ci sarebbe il lato economico.

Invece, con una lega riconosciuta atta a promuovere il traffico di idee e di persone, basterebbe il titolo di facente parte dell’associazione tot per fornire a molti furbi il potere politico che hanno già ampiamente dimostrato di sapere creare, gestire e tenere per dare ulteriore forza alla loro immagine.

Molti degli altri sotto-furbi invece si contenterebbero, forti dell’appartenenza all’associazione, di convincere la massa di gestori di locali, teatri e festival a dargli spazio nelle oramai poche rassegne. Gli operatori del settore artistico non sempre, ma spesso non sono altro che sedicenti art director (altro titolo per il quale non ci vogliono esami particolari) con dubbie competenze, i quali operano la scelta dei musicisti da far suonare tenendo d’occhio soprattutto fattori che con la musica non hanno niente a che fare e sposano facilmente le proposte di furbi afferenti ad associazioni con il loro codazzo di giornalisti fidelizzati, scuole e studenti adoranti alle loro spalle.

A tal proposito, pensate che addirittura c’è un personaggio – eletto da chi non si sa (probabilmente si è autoproclamato, ma non scandalizziamoci: in Italia, come ben sappiamo, succede anche di peggio), rappresentante di una fantomatica organizzazione armonicistica – che da anni, pur non sapendo suonare se non a un livello assolutamente inadatto al ruolo che dovrebbe (o vorrebbe) ricoprire, rappresenta l’armonica italiana nel mondo.

Bene, questo personaggio, con una tragicomica sfrontatezza degna delle maschere più riuscite dell’immenso Totò, millanta conoscenze approfondite, addirittura da esperto, di interi periodi della musica classica e risolve quelle che dice essere sue funzioni, distribuendo caoticamente telefonate del tutto vacue e scattando quà e là fotografie quasi fosse un turista nipponico impazzito.

A suo tempo, tutto questo entropico affaccendarsi mi sembrò il semplice e innocuo giochino di una persona alla ricerca di un passatempo che desse spessore alla sua vita. Poi ebbi modo di ricredermi osservando la perniciosità dell’avere un’immagine internazionale del genere. Pensate: a Trossingen (come in altre occasioni) la Francia aveva Olivier Ker Ourio, la Germania Jens Bunge, l’Inghilterra aveva il suo, la Cina, l’America, … avevano i loro blasonatissimi rappresentanti osannati da tutti e ricevuti con tutti gli onori.

Noi italiani, grazie agli sforzi dei suoi discografici, quest’anno PER LA PRIMA VOLTA, abbiamo avuto il grande Burger a rappresentare l’Italia, ma purtroppo, assieme a lui, c’era anche il nostro politico da strapazzo il quale non è riuscito neanche a fare in modo che il vincitore dell’edizione precedente del capionato mondiale, il torinese Alberto Varaldo, fosse ricevuto con tutti gli onori del caso.

Mi sarei aspettato, essendo Varaldo il campione in carica, di vederlo suonare in un concerto a lui dedicato perché gloria del Campionato mondiale di Trossingen prima ancora che del nostro Belpaese. Invece il nostro Alberto ha dovuto partecipare come chiunque, pagando viaggio, iscrizione, pianista indigena (che ha sbagliato il brano mentre l’accompagnava) e, come ultimo tributo a dinamiche di Festival poco trasparenti, ha contribuito a dare forza alla manifestazione con la sua presenza perdendo la gara perché calpestato da una folla di concorrenti portati da Germania e Cina, due nazioni divenute nel frattempo socie in affari (l’ho scoperto da poco anche io: le armoniche Hohner ora vengono prodotte anche in Cina…).

Nessuno ha tutelato gli interessi di Varaldo e degli italiani; nessuno ha pagato una pianista italiana per prepararsi ad accompagnare i nostri “atleti” dell’armonica nella loro difficile prova. Eppure pare che in Italia ci sia quel qualcuno che avrebbe dovuto e potuto pensare a queste semplici cose. Certi personaggi la fanno franca perché, furbi, hanno osservato quanto disgregati siamo noi in patria: nessuno o pochi dei dilettanti conosce Varaldo, un musicista con tanto di diploma in pianoforte e direzione di coro: in tutto circa 17 anni di studi classici…), nessuno sa che cosa fa, che ha pubblicato un disco, etc.

Purtroppo, lui come me e altri, ha un nome e un cognome troppo italiani. Fin troppo facile fare quel che si vuole se qui da noi ci si occupa solo e quotidianamente di come si “stappa” un foro che non ne vuol sapere di suonare o di dove sta il video del cinesino che suona benissimo, figlio di una cultura che lo acclama, lo esalta, e, in definitiva, lo aiuta.

Avevo promesso di essere costruttivo. Mantengo fede al mio proposito: a mio parere, pur non ravvisando la possibilità di aggregarci in associazione, sento la necessità di avere dei rappresentanti eletti da tutti coloro i quali vogliono partecipare all’elezione. Questi personaggi avrebbero un solo, importante compito: dovrebbero rappresentare gli italiani nei prossimi impegni internazionali in modo da fargli avere la giusta considerazione. Ci terrei ad avere stima di chi porta la sua e la nostra faccia nel mondo. Non abbiamo nessun potere di privare il signore di cui parlavo prima del suo titolo nobiliare, ma abbiamo il potere di costruire una realtà parallela che abbia il necessario grado di serietà e che non sia sempre e soltanto l’espressione del solito, trito e tossico “pizza, mandolino e parmigiano”.

È evidente che io non potrei mai ricoprire un ruolo del genere perché, fosse per me, alcuni armonicisti, invece che venire rappresentati, verrebbero immediatamente defenestrati, a costo di costruirla una finestra qualora nei paraggi non ve ne fosse una a dispozione. Il buon Pasquinelli, dalle pagine del suo sito, mi definisce “poliedrico negli interessi e ispido negli umori” e questo fa sì che io sia automaticamente e felicemente tagliato fuori dal gioco. Sarei ben felice però di vedere eletti Willi Burger, Leonardo Triassi e proprio lui, Gianandrea Pasquinelli.

La mia scelta di indicare loro (e non lui: penso sia meglio avere un “pool” di persone che interagiscono, collaborano e si controllano vicendevolmente piuttosto che un “mammasantissima” dall’inappellabile giudizio) come papabili rappresentanti dell’armonicismo italiano, qualora ve ne sia bisogno, è presto spiegata: 1) sono conosciuti da tutti, 2) conoscono tutti o, nel caso di Burger, molti degli armonicisti, 3) seguono da vicino le vicende inerenti il nostro strumento, 4) spesso, a vario titolo, partecipano alle manifestazioni che vengono indette in giro nel mondo, 5) sono più diplomatici di me, e questo è di sicuro un pregio, 6) in ultimo, non per importanza: hanno una immensa competenza come musicisti e cultori della materia.

Conscio che se prima per molti ero solo sconosciuto, da ora in poi sarò “impopolare”, vi saluto ringraziandovi per la pazienza dimostrata nel leggere queste mie righe.

Angelo Adamo
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