J.S. Bach: Invenzione a due voci N° 2 – Armonica: Angelo Adamo


Per questa seconda Invenzione bachiana non c’è molto da segnalare, ne approfitto quindi per precisare meglio qualcosa cui ho già fatto cenno in occasione della pubblicazione della prima Invenzione a due voci.

Le prime ventuno battute di questa composizione in DO minore non oppongono particolari problemi a una loro lettura con l’armonica in quanto nello spartito per pianoforte la mano sinistra suona perlopiù nell’ottava centrale.

Dalla ventiduesima battuta alla ventisettesima, quella con la quale questa invenzione si conclude, succede invece che la seconda voce scenda al di sotto del DO del secondo spazio in chiave di basso (C3) per spingersi fino al DO con un taglio in testa un’ottava ancora più giù (C2).

Questo allora implica che sulla mia 64 voci sono stato costretto a cambiare di nuovo le cose in maniera tale da riuscire ad adattare la scrittura per pianoforte al mio strumento, e l’ho fatto al solito modo: trasportando, quando non era proprio possibile fare altrimenti, le note più gravi all’ottava superiore.

In realtà, alcune scelte sono state dettate più dal mio gusto personale e dalla sensazione che ostinarsi sempre a fare tutto quanto in nostro potere per rimanere quanto più possibile conformi all’originale, possa a un certo punto interrompere violentemente il respiro di una frase altrimenti bella, ariosa, perfetta, anche se suonata in un range di frequenze diverso da quello voluto dal compositore.

Ma proseguiamo pure. Confido che, se non già chiaro, quanto appena detto apparirà più comprensibile nel prosieguo.

Come dicevo, nella ventiduesima battuta la mando sinistra del pianoforte suona le seguenti note:

1 – rigo della mano sinistra, battuta 22 e inizio della 23

una frase che, come si vede chiaramente, sul quarto movimento della battuta prevede un SOL (G2) assente dal range di note della mia armonica e che rendo ribadendo il SOL dell’ottava superiore nel seguente modo*:

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2 – mia riscrittura delle batture 22 e 23 per adattarle all’armonica

Stesso discorso vale per le ultime quattro battute del brano. Infatti la mano sinistra del pianoforte suona le note che trovate qui di seguito:

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3 – rigo della mano sinistra, ultime quattro battute dell’invenzione

che traduco in “armonichese” nel seguente modo:

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4 – mio adattamento per armonica delle quattro battute precedenti

In questa mia resa della parte per mano sinistra in fig. 3, il mio gusto personale è intervenuto nel primo quarto della terzultima battuta dove, contravvenendo a quanto detto più in alto circa la necessità di conformarmi quanto più possibile alla scrittura originale bachiana, ho scelto di portare tutta la frase iniziata con il SI sul secondo rigo della chiave di basso (B2) all’ottava superiore.

Se invece mi fossi attenuto a quel principio aureo, avrei dovuto scegliere di suonare esattamente quel SI indicato nello spartito pianistico, ottenendolo con il trucco già usato e spiegato nell’articolo a commento della prima invenzione. Questo avrebbe implicato lo sviluppo che trovate di seguito del mio adattamento per armonica della scrittura pianistica della frase in esame:

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5 – adattamento alternativo a quello presentato in fig. 4 della parte per pianoforte in fig. 3

Una variante che, seppur esibisca un certo fascino per il “rispetto” che porta verso l’altezza di quella nota, mi appariva inopportuna: come infatti si può apprezzare seguendo gli andamenti negli esempi più in basso ottenuti congiungendo con un pennarello rosso le teste delle semicrome, essa andrebbe a turbare la disposizione dei salti o – per dirla in linguaggio matematico, quasi si tratti di uno studio di funzione della curva musicale – delle “discontinuità” sinestesiche, vero tratto caratteristico della linea melodica di questo brano.

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6 – Andamento delle discontinuità della linea melodica originale

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7 – Andamento delle discontinuità della linea melodica ottenuta trasportando la frase del piano un’ottava più in alto. Si noti che, a parte il range nel quale viene suonata, questa scelta riproduce fedelmente la forma degli andamenti lasciando inalterato il pattern delle discontinuità originali

In definitiva, come si può vedere dalla fig. 8 più giù, la scelta di suonare con l’armonica quel SI così come scritto nello spartito originale avrebbe avuto il potere, come una tessera del domino che cadendo fa franare tutti gli altri pezzi, di imporre un diverso andamento allo sviluppo visivo e acustico del grafico disegnato dalle note sentite dal genio tedesco.

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8 – Andamento delle discontinuità della linea melodica che si ottiene suonando il primo SI del primo quarto così come indicato nello spartito originale. Si noti che così facendo, viene a mancare il primo salto, quello tra Eb3 e G2, e l’intero grafico perde coerenza se confrontato con l’originale

*) Sono in attesa che mi arrivi l’armonica cromatica basso S-48B della SUZUKI, marca di cui sono endorser: uno strumento che nella parte grave dello spettro sonoro ricalca esattamente l’estensione del violoncello ma che, avendo solo 12 fori, risulta poi discostarsene nella parte acuta dove si estende meno in alto rispetto a quello strumento a corda. Non so se, una volta in mio possesso, deciderò sempre di usarla per simili trascrizioni delle Invenzioni a due voci o se lo farò solo saltuariamente, continuando ogni tanto a preferire la SIRIUS 64 o la CROMATIX 64: due strumenti che, come tutte le 16 fori in commercio, possiedono l’estensione della viola. Nonostante la possibilità di seguire fedelmente quanto scritto nello spartito, trovo infatti interessanti sia l’esercizio mentale di leggere trasportando di un ottava alcune note, sia l’altro di scegliere cosa sia meglio fare, sempre secondo il mio gusto, per rendere una composizione scritta per uno strumento gradevole anche con un’altro del tutto diverso. Altro punto: come già spiegavo nella nota 2 dell’articolo “L’armonica di Turing: lo strumento universale” presente qui in Doctor Harp (https://www.doctorharp.it/larmonica-di-turing-lo-strumento-universale/), nel caso della notazione per una armonica a quattro ottave che prediligo – raramente uso la 48 voci -, proprio per questa spiccata similitudine con la viola, preferisco scrivere usando la chiave di contralto, così come di solito si fa per quello strumento ad arco; una scelta che semplifica di molto la scrittura evitando l’uso di troppi “tagli in gola” e “in testa”.


Angelo Adamo

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