Gli Stili – Capitolo 2


Capitolo I Capitolo IICapitolo III


di Franco “DoctorBlow” Anderlini

Franco ” Doctorblow ” Anderlini è nato a Modena l’ 11 dicembre 1952. La sua formazione musicale inizia ascoltando i primi dischi di Bob Dylan, Rolling Stones, Jimi Hendrix, John Mayall e Muddy Waters. Nei primi anni settanta si avvicina all’ armonica suonando con un gruppo di amici la cui musica ha come riferimento, oltre ai nomi già citati, Crosby, Stills, Nash & Young, Canned Heat, Jefferson Airplane e altre sonorità della west coast americana.

Nel 1974 partecipa al progetto Grande Italia, un LP doppio che comprende musicisti emergenti ed altri già noti come Francesco Guccini ed I Nomadi. Il disco passa praticamente inosservato mentre Franco Anderlini continua a far parte di diverse situazioni musicali. Dopo un periodo di inattività, nel 1987 collabora con alcuni cantautori della sua città ed entra a far parte del gruppo di blues & ballads The Melt.

Nel 1992 forma la Doctor Blow Blues Band, suonando in numerosi locali del modenese e del reggiano, partecipando anche alla rassegna ” Avere i blues ” organizzata dall’ associazione Blues Barks di Bologna. Dopo una presenza alla seconda edizione del Trescore Blues Festival la Doctor Blow Blues Band si scioglie agli inizi del 2001. Da allora Franco ” Doctorblow ” Anderlini appare come ospite di varie formazioni locali, tra le quali Albert Ray and the Raymen e Oracle King.


LE STRADE DELL’ARMONICA

Nella storia dell’armonica, di SONNY BOY WILLIAMSON ce ne sono stati due, entrambi importanti. Quello generalmente considerato il primo è stato JOHN LEE ” Sonny Boy ” WILLIAMSON, nato a Jackson, Tennessee nel 1914. Con John Lee l’armonica divenne un vero e proprio strumento solista, ed egli compose anche celebri blues come ” Good mornin’ little schoolgirl “, ” Stop breakin’ down ” , ” Dealin’ with the devil “.

Incise i suoi primi brani a Chicago nel 1937 ed era uno dei bluesman più apprezzati nella zona del Southside, fino al 1° giugno 1948 quando, uscendo dal Plantation Club, uno dei locali dove si esibiva, venne aggredito e morì per una frattura alla testa.

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SONNY BOY WILLIAMSON II

Il vero nome di SONNY BOY WILLIAMSON II era Alex Rice Miller, ed il fatto di essere considerato il secondo dipende dall’ aver inciso i suoi primi dischi successivamente a John Lee Williamson anche se Rice Miller era un po’ più vecchio, ma la sua data di nascita non è certa e spazia tra il 1897 ed il 1909. Nato a Glendora, Mississippi, iniziò giovanissimo a suonare l’armonica e ad esibirsi nei Juke Joints muovendosi in gran parte degli stati del sud.

Non è chiaro perché Rice Miller abbia scelto lo pseudonimo di Sonny Boy Williamson, c’è chi dice lo abbia fatto per sfruttare la popolarità del primo, certo è che si fece conoscere a tal punto da essere ingaggiato, insieme a Robert Jr. Lockwood, da una stazione radio, la KFFA per suonare in un programma che serviva a far pubblicità ad una marca di farina, la King Bisquit. In seguito altre imprese commerciali ed altre stazioni radio seguirono lo stesso esempio dando così la possibilità a molti musicisti di farsi conoscere.

A causa di questo impegno Rice Miller si spostò dal sud solamente nel 1951 per incidere i suoi primi dischi. Nel 1955 firma un contratto con i fratelli Chess che mettono a sua disposizione la band di Muddy Waters e tutti i migliori musicisti della loro casa discografica. Nel 1963 partecipa alla tourné dell’ American Folk Blues Festival in Europa ottenendo un grande successo ed incidendo con gruppi di giovani bianchi come gli YARDBIRDS e gli ANIMALS di ERIC BURDON. Durante questo periodo, in Inghilterra rimase molto colpito dagli abiti degli uomini d’affari londinesi fino ad adottare questo modo di vestirsi, salendo a volte sul palco con tanto di ombrello e bombetta.

Raggiunto il successo e la celebrità Sonny Boy non potè goderseli pienamente, tornato in America e ricominciato il suo impiego per la KFFA con il King Bisquit Time, Rice Miller muore nella sua casa alla fine di maggio del 1965 ad Helena, Arkansas. Come spesso accade con questi musicisti, sul mercato si trovano dischi ufficiali ed incisioni pubblicate su collane di blues. Se volete ascoltare Sonny Boy Williamson II comprate quello che volete, ma per apprezzare appieno il suo stile vi consiglio ” KEEP IT TO OURSELVES ” pubblicato in CD sia dalla STORYVILLE STCD 4176 che dalla ALLIGATOR ALLI 4787. Il disco comprende una selezione di brani acustici incisi in studio in una sola notte, a Copenhagen, nel 1963 e pubblicati a suo tempo su due album.

Sonny Boy canta e suona alcuni pezzi completamente da solo, in altri è accompagnato dalla chitarra di Matt ” Guitar ” Murphy, al quale si aggiunge Memphis Slim al piano per tre canzoni. La batteria è presente in un solo brano, ” Movin’ out ” Non so se è un’ improvvisazione, ma dopo un breve scambio di battute e con un riff di armonica, i nostri entrano nel pezzo con una naturalezza incredibile, dalla quale si capisce dove sta di casa il blues.


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WILLIE DIXON

A questo punto non si può fare a meno di parlare di WILLIE DIXON. Bassista, cantante, compositore, arrangiatore e produttore, è stato probabilmente il personaggio più importante del Chicago blues. Dixon, nato il primo luglio 1915 a Vicksburg, Mississippi, inizia a suonare seriamente a sette anni accompagnando il pianista Little Brother Montgomery.

Nel 1936 si sposta a Chicago per intraprendere una promettente carriera di pugile ma, dopo un’imprevisto combattimento con il suo stesso manager, viene sospeso per alcuni mesi e decide di appendere i guantoni per dedicarsi completamente alla musica, che del resto non aveva mai lasciato suonando a volte anche sul ring nelle pause degli allenamenti. Con l’inizio della seconda guerra mondiale finisce in prigione perché si rifiuta di fare il servizio militare e rientrerà nel mondo musicale nel 1945 formando il Big Three Trio.

Nel 1948 viene ingaggiato da Leonard e Phil Chess come bassista, ed in seguito ricoprirà importanti ruoli nelle produzioni dell’omonima casa discografica.

Nel 1967 forma una sua orchestra, la Chicago Blues All Stars dove suonano, tra gli altri, Johnny Shines, Memphis Slim, Snooky Pryor e, nel 1982 crea la Blues Heaven Foundation, un organizzazione che si prefigge di aiutare giovani musicisti dell’area di Chicago. Willie Dixon ha composto numerose canzoni, interpretate praticamente da tutti i musicisti di blues sia neri che bianchi. Per citare alcuni titoli: Hoochie Coochie Man, My Babe, I’m Ready, I Just Want To Make Love To You, I Can’t Quit You Baby, Spoonful, I Ain’t Superstitious, Back Door Man, I Am The Blues, pietre miliari nella storia della musica nera. Pur essendo tra i pezzi più rappresentativi del blues urbano, nella ritmica dei brani di Dixon si avvertono le origini africane e l’armonica è spesso presente nella sua produzione discografica. Walter Horton, Carey Bell, Billy Branch, Sugar Blue sono tra gli armonicisti più noti che hanno suonato nei dischi pubblicati da Willie Dixon.


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SUGAR BLUE

SUGAR BLUE, nato nel 1955 ad Harlem, New York, è influenzato da diversi generi musicali, dal blues al jazz e dal rock al soul di Stevie Wonder che lo convince ad applicarsi nello studio dell’armonica.

Recatosi in Europa nel 1977 vi si soffferma per alcuni anni, prima a Londra, poi a Parigi dove suona un po’ dove capita fino a quando un amico, in possesso del numero di telefono del cantante dei Rolling Stones, lo convince a chiamare Mick Jagger per proporsi come collaboratore.

La cosa va in porto e Sugar Blue partecipa alla registrazione dell’ LP ” Some Girls “, suo è il riff di armonica nel brano ” Miss You ” Apertesi le porte della notorietà, Sugar Blue registra due album a suo nome prima di tornare negli Stati Uniti nel 1984 ed entrare a far parte dell’orchestra di Willie Dixon.

Provvisto di una notevole tecnica e velocità, Sugar Blue, il cui vero nome è James Whiting, tende, nei suoi dischi e dal vivo a strafare un po’, ma, nell’ ultima incisione di Willie Dixon, ” HIDDEN CHARMS ” SILVERTONE CD ZD74930, sapientemente guidato, riesce a trattenersi e a dare probabilmente il meglio di sé, affiancato da musicisti come il grande Lafayette Leake al piano. L’album, prodotto da T-Bone Burnett ha vinto un premio Award ed è stato inciso nel 1991, pochi mesi prima della morte di Dixon avvenuta il 29 gennaio 1992.


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JOHN MAYALL

I musicisti citati precedentemente sono considerati tra i nomi più importanti del blues moderno, ma la loro popolarità sarebbe stata probabilmente minore se non ci fosse stato, negli anni sessanta, un movimento di giovani musicisti inglesi che, innamorati della musica nera, seppero riproporla a volte anche con sonorità più adeguate ai tempi, il cosiddetto fenomeno del british blues, il cui maggior esponente è stato sicuramente JOHN MAYALL.

Nato il 29 novembre 1933 in un villaggio vicino a Manchester, Mayall crebbe ascoltando i dischi di Jazz del padre, che era chitarrista e a tredici anni inizio’ a suonare il piano, la chitarra e l’armonica. Spostatosi a Londra, conobbe Alexis Korner, il capostipite del british blues, ed in seguito diede vita ai Bluesbreakers, formazione che venne soprannominata l’ università del blues.

E’ quasi impossibile elencare tutti gli strumentisti che si sono succeduti nell’ organico di questa band e che hanno poi intrapreso le strade più diverse. Alcuni nomi: il chitarrista Peter Green che sostituì Eric Clapton, andatosene per formare i Cream con Jack Bruce, Green formò i Fleetwood Mac con il batterista Mike Fleetwood ed il bassista John McVie, ed iniziò una carriera solista, ma si perse nei meandri delle droghe psichedeliche, ricomparendo saltuariamente sulla scena discografica; ultimamente con lo Splinter Group, ha inciso di recente un disco di brani di Robert Johnson.

Il chitarrista Mick Taylor, entrato nei Bluesbreakers attraverso un’ annuncio su di un giornale a soli diciassette anni, Taylor fece parte per alcuni anni dei Rolling Stones; il batterista Aynsley Dunbar, poi con Frank Zappa; il bassista Larry Taylor, tra i primi ad introdurre il basso elettrico senza capotasti ed il chitarrista Harvey Mandel, precursore dello stile fingerpicking suonato sul manico della chitarra, entrambi già con i Canned Heat, Larry Taylor, dopo varie collaborazioni attualmente accompagna Tom Waits. I sassofonisti Dick Heckstall-Smith, Chris Mercer, che fu per un breve periodo nella band di Paul DeLay e Clifford Solomon, abitualmente nel complesso di Charles Brown. La chitarra di John Mark ed il sax di Johnny Almond che formarono omonimo gruppo, il violinista Don ” Sugarcane ” Harris ed il batterista Keef Hartley, da ascoltare.

Dopo i primi dischi abbastanza tradizionali tra cui ” A HARD ROAD ” e ” CRUSADE ” John Mayall ha saputo dare al blues nuova linfa vitale con gli album ” BLUES FROM LAUREL CANYON “, ” THE TURNING POINT “, ” U.S.A. UNION “, ” BACK TO THE ROOTS “, ” JAZZ BLUES FUSION ” ed anche con la sua armonica, pur risentendo fortemente dell’ influenza di Sonny Boy Williamson II, ha trovato nuovi fraseggi portandola verso territori inusuali come nella collaborazione con il trombettista Blue Mitchell per ” CASA BLUES ” Intorno alla metà degli anni settanta e fino alla fine degli anni ottanta Mayall ebbe un calo di popolarita’ dovuto anche alla pubblicazione di alcuni dischi abbastanza insipidi.

In quello stesso periodo, nel 1979, la casa prevalentemente in legno che si era costruito a Laurel Canyon, nei pressi di Los Angeles, venne distrutta da un’incendio e con essa anche master di registrazioni, strumenti, diari ed altro materiale personale. La passione di Mayall per il legno risale a tempo addietro quando, da ragazzo, si costruì una casa su di un’ albero, ” Home in a tree ” dall’ album ” MEMORIES ” dove andò ad abitare e dove, al ritorno dal servizio militare in Corea, convinse la sua prima moglie a seguirlo, suscitando anche l’ interesse della stampa locale.

Nel 1990 esce il disco ” A SENSE OF PLACE ” con la partecipazione del chitarrista Sonny Landreth, considerato in quel periodo l’erede di Ry Cooder, speranza poi disillusa, ma l’album segna il ritorno ad un periodo favorevole, sia di critica che di pubblico e da allora John Mayall ha continuato ad incidere e a fare concerti riscuotendo nuovamente il meritato riconoscimento per una vita dedicata al blues………… trying to tell you people, that the blues hit me in my life, and it’s a hard road ‘till I’ll die.


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Canned Heat

Tra i primi armonicisti bianchi merita un posto di primo piano ALAN WILSON, una meteora sulla scena musicale californiana tra gli anni ’60 e ’70.

Fondatore nel 1965, con il cantante Bob Hite, dei Canned Heat, Alan Wilson nato il 4 luglio 1943, venne soprannominato ” Blind Owl ” a causa di una miopia che rasentava la cecità. Wilson era un esperto ed appassionato conoscitore della musica popolare americana e possedeva una forte sensibilità che traspare dagli assoli della sua armonica di cui è costellata la produzione discografica dei Canned Heat, gruppo che ebbe una vita movimentata anche a causa delle droghe di cui alcuni di loro facevano uso, sebbene essi stessi siano stati tra i primi a denunciare i rischi di queste sostanze: ” Speed Kills ” è la frase gridata in coro alla fine del cantato di ” Amphetamine Annie ” dal loro secondo album “BOOGIE WITH CANNED HEAT”.

Furono tra le prime band composte esclusivamente da bianchi ad essere accettate nei locali per neri in un periodo in cui i contrasti razziali erano molto forti, anche se, la sera dell’ assassinio di Robert Kennedy, senatore che appoggiava la causa della gente di colore, mentre stavano tenendo un concerto ad Harlem vennero fatti salire in tutta fretta su alcuni taxi e consigliati ad allontanarsi velocemente dal quartiere.

Alan Wilson aveva sviluppato un fraseggio personalissimo ed il suo vibrato è tra i migliori mai ascoltati. Essendo anche chitarrista e cantante, la sua armonica non è presente in tutte le incisioni dei Canned Heat, ma in sprazzi sparsi qua e là come l’ introduzione di ” I’ m her man ” dall’ album “HALLELUJA” o altri brani nella raccolta “UNCANNED” ( EMI 29165 ).

Il gruppo tenne anche alcuni concerti in Europa ed in Italia durante i quali venne inciso ” LIVE IN EUROPE “. Collaborarono poi con John Lee Hooker per una serie di registrazioni uscite nel doppio album ” HOOKER AND HEAT INFINITE BOOGIE ” dove il grande uomo di blues e l’ armonica di Wilson ci regalano le splendide ” Drifter “, ” You Talk Too Much “, ” Burning Hell ” ed altro ancora. Il disco fu pubblicato dopo la scomparsa di Alan Wilson, ricordato sulla copertina che ritrae i Canned Heat e John Lee Hooker in una stanza d’albergo dove ad una parete è appesa una sua fotografia.

Nel settembre del 1970 riuscii ad aggregarmi ad un viaggio con pernottamento in un convento di suore a Roma, il tutto gratis. Il mio scopo non era però religioso bensì assistere ad un’ esibizione dei Rolling Stones, in quel periodo particolarmente bluesy grazie alla presenza di Mick Taylor alla chitarra solista.     Di ritorno dal concerto, al mio ricovero notturno mi fu detto che per una regola interna non mi sarebbe stato aperto fino alle sei del mattino. Così me ne andai in giro e trovata un’edicola aperta comprai una rivista musicale dalla quale appresi della morte di Alan Wilson. Il suo corpo fu trovato in un sacco a pelo ai piedi di un’ albero in Topanga Canyon, con a fianco una bottiglia di gin ed un flacone di andidepressivi, entrambi vuoti.

Da allora a volte mi capita di sentire la necessità di ascoltare le note di questo sottovalutato ragazzo con gli occhiali. Ringrazio inoltre l’armonicista Gianandrea Pasquinelli e Marino Grandi della rivista Il Blues senza i quali questo articolo non sarebbe stato possibile.


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George “Harmonica” Smith

Il 22 aprile 1924 nasceva a West Helena, Arkansas, Allen George Smith conosciuto poi come George “Harmonica” Smith e considerato un maestro da armonicisti quali William Clarke, Rod Piazza, Kim Wilson e Paul DeLay. La peculiarità di George Smith è stata quella di approfondire l’impiego, nel blues, delle posizioni alternative alla cosiddetta seconda o cross position.

Soprattutto nelle sue prime incisioni c’è un uso frequente della terza posizione, ma anche la prima trova spazio nel lavoro di Smith, facendolo diventare un punto di riferimento per gli esecutori del cosiddetto blues della west coast.

E’ stato un personaggio poco conosciuto e sottovalutato, basti pensare che, trovandosi in giro con Muddy Waters ed i ” Jukes ” il gruppo di Little Walter, armonicista per il quale Muddy aveva una spiccata preferenza, venne ammonito da quest’ultimo di non improvvisare in presenza di Walter ma di limitarsi ad accompagnare. Nella pausa dopo il primo set, Little Walter chiese poi a George Smith come mai non ci desse dentro con la sua armonica, dopodichè si recò al tavolo di Muddy Waters, e lo convinse a lasciar suonare Smith come meglio credeva.

George Smith ha incoraggiato una nutrita schiera di discepoli. I più rappresentativi sono sicuramente Rod Piazza e William Clarke, ma, mentre Piazza nei suoi dischi si mantiene ad un livello costante, riproponendo a volte gli stessi fraseggi di George Smith, nelle incisioni di William Clarke si nota una ricerca ed una linea evolutiva della quale non possiamo sapere gli sviluppi perchè la sua scomparsa, avvenuta il 3 novembre 1996, ha fatto uscire prematuramente di scena questo grande interprete.

Clarke era anche dotato di un’ ottimo stile come cantante ma non ha avuto la possibilità di poter usufruire di una band fissa come i Mighty Flyers di Rod Piazza, soprattutto per quanto riguarda il basso di Bill Stuve e la batteria di Jimi Bott una delle migliori sezioni ritmiche per il genere west coast, come si può ascoltare nel CD “ROD PIAZZA & THE MIGHTY FLYERS LIVE AT B.B. KING’S” BIGMO 10262 dove è presente anche la chitarra di Alex Shultz che Clarke ha frequentemente usato per i suoi lavori discografici.

Nato il 21 marzo 1951 a Inglewood, California e dopo aver alternato per anni la sua passione per l’armonica con il lavoro a sostegno della famiglia, incidendo anche alcuni LP autoprodotti, Clarke decide di mandare un nastro a Bruce Iglauer dell’ etichetta discografica Alligator che lo mette subito sotto contratto.

Il primo lavoro, “BLOWIN’ LIKE HELL” ALCD 4788 è un’esempio di come suonare un blues moderno rispettando la tradizione, con brani come “Lookin’ to the future” “Greasy gravy” i veri e propri tour de force dell’armonica in “Cash Money” e “Blowin’ Like Hell” alla cromatica, ed anche lo splendid “Must be jelly” vincitore del premio W.C. Handy come migliore blues song nel 1991.

Dopo questo disco Clarke si dedica a tempo pieno alla carriera musicale ed il suo stile si sviluppa attraverso “SERIOUS INTENTIONS” ALCD 4806 e “GROOVE TIME” ALCD 4827 fino all’ultimo “THE HARD WAY” ALCD 4842 con la profetica ” These blues is killing me ” ed il jazz blues di ” Fishing blues ” sbocco naturale per una persona che oltre al blues amava il jazz di artisti come il sassofonista Gene Ammons.

A mio parere, tra i momenti più significativi di William Clarke troviamo gli Slow Blues, dove, come insegnano i grandi, non servono veloci virtuosismi, ma ogni nota deve avere un suo significato, e questo è proprio quello che William Clarke è capace di fare, ascoltate, ad esempio, “The tribute to George Smith” dall’album “TIP OF THE TOP” o “It’s been a long time” da “Serious Intentions”con tanto di arrangiamento di fiati; le note di Clarke sono intense, soppesate, provviste di una notevole carica di sentimento, in poche parole, un moderno maestro dell’armonica blues.