Invenzione a due ance N° 5

Confesso che lo studio di questo brano mi è risultato un po’ più faticoso degli altri affrontati fino a ora. La difficoltà non è stata certo di natura tecnica; tutt’altro: a parte un paio di punti – come, ad esempio, l’abbelimento suggerito dal curatore nella battuta 32 che chiude il brano -, risulta così facile da suonare, anche alla velocità metronomica suggerita, da poter essere quasi definito “armonicistico”.

Questa invenzione, catalogata con il codice BWV 776, non fa parte di quelle che a suo tempo, giovane studente di Conservatorio, affrontai al pianoforte (ricordo di avere studiato la 1, la 6 e la 8), e non appena ho iniziato a leggerla per la prima volta con l’armonica, mi è venuto naturale attendermi che il tema chiudesse prima; che prendesse un’altra direzione.

Come fa notare anche il Mugellini, curatore della solita, classica edizione per pianoforte che uso per eseguire questi brani, l’“insolita lunghezza del Tema che occupa ben quattro battute”[1] mi spiazzava, ponendomi di fronte alla sorpresa di scoprire che il motivo in realtà si chiude ben più in là di dove mi aspettavo che facesse.

Da questo punto di vista, quindi, nonostante la discreta conoscenza che ho del repertorio bachiano, lo studio di questo brano ha costituito una splendida occasione per aprire la mente così da accogliere pure un aspetto della musica del compositore tedesco, e della musica in generale, per me del tutto nuovo.

A dire il vero, quella iniziale sensazione di spaesamento non mi era del tutto sconosciuta. Ricordo distintamente di aver provato qualcosa di analogo durante i primi ascolti dei concerti Brandeburghesi, allorché mi imbattei nel primo movimento del sesto concerto BWV 1051 in Si bemolle maggiore: un brano caratterizzato da un susseguirsi di episodi tematici molto lunghi e distesi, quasi degli accompagnamenti, che si appropria dello spazio sonoro con frasi dilatate e il tipico “ribollire sonoro” dato dal dialogo costante tra violino e viola (cui a tratti si uniscono, contrappuntando, pure le viole da gamba e/o il violoncello, perlopiù impegnati nell’impianto generale a scandire in ottavi il tempo alla breve[2]).

Un brano affatto diverso da quelli mediante i quali mi ero fatto un’idea, pensavo precisa, di quale fosse la poetica di Bach: una tavola sonora non certo piana come la superficie liquida di una piscina, ma assimilabile più a un mare estremamente calmo o a un lago lievemente increspato sulla cui superficie vi sono innumerevoli, piccoli accadimenti che globalmente lo fanno apparire immobile (“mòviti fermu!”).

Nella quinta invenzione che qui propongo, trovo interessantissime quelle che definirei “battute cerniera” nelle quali, usando sempre la stessa geometria di frasi globalmente discendenti, ma che ostentano una apparente titubanza a farlo, una certa tendenza a rimanere dove erano risalendo di un grado diatonico rispetto a quello via via raggiunto – ad esempio, nelle due battute 7 e 8 si va dal Si b 4 al Mi b 4, ma lo si fa a gradini, risalendo per due quarti di un grado (in nero vi sono le note-punti da unire per notare il carattere discendente della frase): La 4-Si 4, Sol 4-La 4) e poi di una quarta: Fa 4-Si b 4 – La b 4- Sol 4 -Fa 4-Sol – Mi 4 – Fa 4 – Re. (Si veda Fig. 1) -, si attuano i cambi di tonalità capaci di rendere il brano estremamente vario a fronte di una ripetizione pedissequa del tema che, se fosse rimasto sempre nella tonalità in armatura di Mi bemolle, sarebbe risultato alquanto monotono.

Fig. 1 Prima sequenza di battute-cerniera con le quali si realizza il primo trasporto del tema

Per capire la complessità dei passaggi di tonalità messi in gioco nell’arrangiamento del materiale tematico di questa apparentemente semplice invenzione, consiglio di dare un’occhiata a una bella pagina di analisi che ho trovato in rete.

Purtroppo, come spesso accade, questa mia esecuzione – che, come le altre, ha la pretesa di essere solo occasione di studio, di curiosità soddisfatta per la lettura estemporanea dei classici – è stata funestata dal malfunzionamento di alcune ance che in momenti diversi, come motori ingolfati, hanno faticato ad avviarsi entrando in vibrazione in ritardo rispetto a quanto richiesto dalla partitura. Un problema che ha fatto perdere per pochi secondi quella fluidità del beat che, come in tutte le composizioni del compositore tedesco, hanno nella densità omogenea di note e nel loro matematico incastrarsi a formare solide gabbie armoniche un loro sicuro punto di forza.

È questo il caso, ad esempio, di quanto accade a 00.59 secondi, mentre eseguo la battuta 17. Qui le ance del SOL 3 e del LA bemolle 3 della mia Suzuki SCX 48 hanno provato a scioperare, dichiarando sine ulla spe un problema forse di umidità che affliggeva il terzo foro.

L’avevano già fatto in altri take dello stesso brano, ma in momenti diversi. Avevo quindi già cancellato e rifatto alcune volte la stessa registrazione e a un certo punto, stanco di queste ripetizioni e con una gran voglia di occuparmi d’altro, conscio pure del fatto che ulteriori tentativi mi avrebbero messo di fronte allo stesso problema in altri momenti dell’esecuzione (e, soprattutto, memore dell’intenzione del tutto ludica con la quale mi impongo di affrontare queste letture), ho deciso di tenere quella che ascolterete. <del resto, non avrei potuto fare altrimenti: le altre, in un impeto di nervi, le avevo già cestinate, sbriciolate, eliminate, distrutte.

La cosa che più mi ha divertito è stata l’esecuzione della parte della mano sinistra con la mia armonica bassi Suzuki 48-B che si è dimostrata fantasticamente agile e flessibile nel fornire il suo apporto “convettivo” al tema della mano destra, quello invece suonato con la SCX 48. E ascoltarla mi diverte ancora di più.

Facendo un rapido consuntivo, si è trattato di un esercizio di lettura che mi ha dato diverse soddisfazioni, consentendomi pure di crescere un po’ nella comprensione del di Bach pensiero. Bestemmie a parte per la reticenza di quelle due ance a obbedire ai miei comandi soffiati, decisamente un modo interessante di occupare il tempo!

Angelo Adamo


[1] A mio modesto parere, il tema è più lungo delle quattro battute indicate dal curatore, arrivando a coprire lo spazio di ben sei battute e un quarto. Il resto, sono le note di raccordo che conducono fino alla ripetizione successiva dello stesso tema in una diversa tonalità.

[2] Un modo di indicare il cosiddetto tempo tagliato, ovvero un tempo binario indicato anche con 2/2 o con il simbolo

col quale si indica che i due movimenti della battuta valgono ognuno due quarti, quindi una minima.