Giuseppe Milici: November 64


Chi lo ha sentito suonare dal vivo Bacharach o Kurtág, Gershwin o Becaud, Gino Paoli o i classici amati da Sinatra e da Thielemans conosce già la sua passione per generi molto diversi, a volte davvero distanti tra loro. Chi lo ha sentito suonare dal vivo sa anche, però, quale ricchezza Giuseppe Milici è capace di infondere in brani che sembravano ormai frugati in tutte le loro possibilità espressive e come sia inconfondibile la sua maniera di sfilare dall’armonica suoni straordinariamente delicati, agili e, al tempo stesso, permeati di pensosa intensità.

Così, se scorrendo i titoli di questo suo album si ha l’impressione di una spiazzante eterogeneità, quando si cominciano ad ascoltare, uno dopo l’altro, le ballad, i tango, i samba, i brani jazz che compongono la sua geografia multiforme si ha subito la sensazione di trovarsi dinanzi a un universo poliedrico eppure omogeneo, cui dà compattezza proprio la resa espressiva.

Giuseppe Milici non tradisce mai gli «originali», ma immette in essi andamenti, sonorità, piegature imprevedibili, eppure mai gratuiti, quasi che quella sua maniera emergesse da commessure segrete, profonde, insite nel brano stesso. È questo il caso, ad esempio, di canzoni come Vitti ‘na crozza Brasil , con la loro nuova e vibrante espressività capace di toccare corde intimissime, e dolenti.

In letteratura si dice che «non c’è nulla che non possa essere raccontato, tutto sta nel modo in cui quel qualcosa si racconta». Ecco, per Giuseppe Milici , come per ogni vero artista, vale più che mai questa idea. Riconosci il suo tratto – come compositore e come interprete – dovunque lo porti l’estro, l’immaginazione o la voglia di ritornare a suoi primi amori (come nel caso di The persuaders Taxi driver ).

Insomma, in questo album molte scelte hanno davvero il sapore di tante piccole sfide: Giuseppe Milici suona e immagina armonie come solo un virtuoso potrebbe fare senza tradire virtuosismi, aderendo piuttosto all’imperativo delle emozioni che una certa tessitura armonica può evocare; lavora quasi da compositore anche lì dove sembra vestire semplicemente, piuttosto, i panni dell’interprete; mescola le carte facendo di un samba o di una canzone etnica logorati dal tempo e dalle migliaia di esecuzioni due capolavori d’interpretazione.

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Evelina Santangelo