Aforisma 8: John Cage (non) Dixit – Prima di scolpire l’aria



Nel 2015, grazie alla mia memoria di massa: gli ordinatissimi hard disk dei miei amici Gerebros1, sono tornato in possesso di un video che pensavo oramai definitivamente perduto.

Si tratta della mia interpretazione di 4’33” di John Cage eseguito, in anteprima mondiale, su una armonica cromatica: sulla mia armonica cromatica2!

La registrazione venne fatta a Imola, presso la Fondazione Gottarelli3, dove il 4/12/2012 tenni una lezione-concerto su alcune composizioni di John Cage di ispirazione astronomica costruite a partire da cataloghi stellari, e sul loro rapporto con alcuni lavori di Kandinski, argomento dal quale ho poi tratto un articolo4.

Una volta ritrovato, per evitare di perderlo nuovamente, l’ho subito pubblicato sul mio canale youtube e, analogamente a quanto fatto con gli altri sette aforismi precedenti, avei voluto corredare il video di un articoletto qui sul blog.

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Purtroppo quando sono andato a cercare la bibliografia di cui mi ero servito per preparare la conferenza, mosso dall’intenzione di riprendere il contatto con concetti che avevo letto, assorbito e in buona parte dimenticato, ho scoperto di non essere solo capace di perdere i video, ma di essere addirittura in grado di smarrire una decina di volumi, alcuni dei quali anche… voluminosi.

La depressione seguita a questa perdita fu all’epoca così forte che decisi di rinunciare a scrivere alcunché, ma la scorsa settimana, provando per l’ennesima volta ad averla vinta sul disordine che ìmpera da sempre in casa mia, quei libri sono saltati fuori tutti insieme dal recesso di fogli e ciarpame che li nascondeva alla vista.

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Pur non provando più l’entusiasmo che avevo un anno fa, per continuità con gli altri post precedenti, mi precipito quindi a segnalarvi l’esistenza a) del video e, per chi avesse voglia di leggerlo, b) dell’articolo su Il Giornale di Astronomia.

L’esperimento condotto alla Fondazione Gottarelli mi diede molta soddisfazione: se nel lontano 29 Agosto del 1952, alla fine dell’”esecuzione” di 4’33” alla Maverick Concert Hall, riscuotendo più che applausi, il pianista David Tudor incassò il vibrato disappunto di molti dei presenti5, il pubblico di Imola si è invece dimostrato dotato di un gran senso dello humor o quantomeno di essere capace di cogliere un’occasione per rilassarsi.

I sessant’anni intercorsi tra la mia esecuzione e quella famosa prima del ’52 sono evidentemente serviti all’umanità per fare proprie istanze che all’epoca non potevano non apparire pionieristiche, per non dire inaccettabili. Inoltre, prima di “suonare” aprendo e chiudendo tre volte l’astuccio dell’armonica6 per sottolineare l’inizio e la fine dei tre movimenti –  non ho fatto altro che tradurre in termini armonicistici ciò che a suo tempo Tudor fece allorché aprì e chiuse tre volte il coperchio che protegge la tastiera del pianoforte -, ebbi modo di preparare in modo adeguato il pubblico all’ascolto raccontando quali fossero le reali intenzioni del compositore.

Tutto ciò ha permesso agli spettatori di vedere la faccenda sotto una luce diversa e di sentirsi coinvolti in qualcosa di forse interessante per il ruolo “attivo” che gli richiedeva: in fondo, a differenza di quanto accade con la musica, il silenzio non viene creato o rovinato dal solo musicista, ma anche e soprattutto dal pubblico presente in sala.

, perché l’idea fondamentale di Cage era di attuare quello che chiamò framing, ovvero l’incorniciare momenti in un preciso intervallo temporale nel quale sarebbero stati i suoni casuali, quindi anche i rumori in esso accidentalmente contenuti, a formare il brano musicale.

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 In un interessantissimo articolo di Smoje7, trovo l’occasione per accorgermi dell’esistenza di diversi tipi di silenzio che conoscevo già senza averne colto appieno il vero carattere: quello di Pärt e quello di Ligeti, quello di Stockhausen e quello di Nono, quello di Boulez, … Leggendo, mi sono quindi reso conto dell’importanza crescente che l’assenza di suoni ha rivestito nel ‘900, un secolo inflazionato dal frastuono di fabbriche (a dire il vero, già ampiamente iniziato nel XIX secolo), guerre, veicoli, impianti sonori, cellulari ai quali nessuno toglie la suoneria in treno, discorsi vacui che più lo sono e più vanno urlati e tanta, tanta musica indesiderabile e non richiesta che ci inquina i pensieri mangiandoci il sacrosanto diritto ad avere ognuno un “tempo proprio” e un suono interiori.

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Grazie alla lettura di questo breve saggio, mi si è così rafforzata un’idea che definirei “a togliere”: il silenzio è la materia sulla quale agisce chi fa musica esattamente come il marmo è il materiale sul quale lavora chi scolpisce per togliere a quel blocco la forma originale e donargli quella voluta.

Mi piace pensare che la musica sia “scultura del silenzio” e da qui deriva il sottotitolo di questo post che, se non fossi così attaccato a una certa continuità tra alcuni tipi di post – in questo caso, gli aforismi musicali -, avrei messo al posto del titolo propriamente detto.

Tornando alla sera cui il video si riferisce, ricordo che alla fine del brano mi venne offerta la seguente vista: un paesaggio di persone sedute comode con gli occhi chiusi, meditabonde, sonnecchianti, con la testa piegata indietro o con il mento a poggiare sul petto; braccia conserte, o sulla borsa o lasciate pendere ai lati della poltrona. Qualcuno le teneva in tasca; nessuno addormentato, ma tutti chiaramente alla curiosa ricerca di qualcosa nell’aria che non avevano mai notato o che avevano provato e subito dimenticato.

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La mia sensazione fu che, una volta terminato l’esperimento (a tutti gli effetti, di questo si trattava…), fossero tutti sì scontenti, ma della breve durata di quel silenzio; una fuga dal pieno; il più bello dei brani.


Angelo Adamo

1)http://www.gerebros.it/

2) Il 30 Novembre 2019 ho avuto l’occasione di ripetere l’esperimento alla Scuola di Musica Moderna, la stessa nella quale insegno armonica, gestita dall’Associazione Musicisti di Ferrara (AMF) dove ho rifatto la conferenza su John Cage. Inutile dire che l’ho suonato addirittura meglio, rispettando esattamente I tempi segnati sul programma di sala originale.

3) www.fondazionetoninogottarelli.com

Il 2012 è stato il centenario della nascita del grande musicista statunitense, ma anche il ventennale della sua morte avvenuta nel ’92. In quell’anno le manifestazioni in suo onore sono state tante, specie qui a Bologna e provincia dove sono in molti a ricordare un suo “passaggio” di diversi anni fa.

4) … e tornammo a riascoltar le stelle, pubblicato nel numero 3 del Settembre 2013 del trimestrale “Il Giornale di Astronomia”, house-organ della S.A.It. (Società Astronomica Italiana); http://giornaleastronomia.difa.unibo.it/

5) Cage raccontò che “a causa di questo, persi degli amici ai quali tenevo molto. Pensavano che chiamare musica qualcosa che non sei stato tu a fare, equivalesse, in un certo senso, a gettare fumo negli occhi. (…) Nessuno rise, si irritarono quando si accorsero che non sarebbe accaduto nulla e di sicuro dopo trent’anni non l’hanno ancora dimenticato. Sono ancora arrabbiati”

(…) Dopo il concerto ci fu una tumultuosa sessione di domande fra il pubblico e i compositori culminata nell’esortazione di un artista: “Brava gente di Woodstock, cacciamo via dal paese questa gente!” (Tratto da: Gann, Kyle, Il silenzio non esiste, Isbn Edizioni)

 6) Confesso che, pur sapendo come il compositore avesse stabilito esattamente le durate dei tre movimenti nei quali il brano è suddiviso, quella sera non le ricordavo e avevo pure dimenticato di appuntarle su qualcuno dei fogli che avevo con me.

7) Smoje, Duika, L’udibile e l’inudibile, Enciclopedia della Musica vol. 1, Einaudi

 fatta eccezione per la prima immagine creata da me, le altre le ho prese da vari siti su Google.

La seconda qui https://allisyar.com/2013/09/30/the-most-notorious-4-minutes-33-seconds-of-er-well-music-ever-cage-stories-from-the-pros/

La terza qui: http://www.chartattack.com/news/2015/11/30/4-33-john-cage-remix/

La quarta qui: http://www.artribune.com/tribnews/2012/11/avete-presente-i-433-di-silenzio-di-john-cage-come-ogni-brano-che-si-rispetti-ce-anche-uno-spartito-anzi-sei-la-versione-piu-antica-tra-quelle-esistenti-finisce-al-moma-di-new-york/


Angelo Adamo

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