nu cappiell cu e nastr che ros
stiv mizz a tre o quatt sciantos
e parlav o frances accussì
fu l'at ier c taggia ncuntrat
fu l'at ier a tulet gnor sì
I taggia vulut ben a te
tu me vulut ben a me
mo nun c'amam chiù
ma e vot tu
distrattament piens a me
E c'aggia dì e c'aggia fà
stringi di qui stringi di là
taglia di sopra taglia di sotto,
alla fine mi son rotto:
nna ssschifezza aggia creato
senza coda e senza capo.
No, no queste ultime non sono le parole della mia canzone napoletana, ma semplicemente le mie imprecazioni, per questioni che non vi riguardano . . .

Quello che vorrei sottolineare è che dare anima alle canzoni con uno strumento è molto, molto difficile, e diventa sempre più difficile mano a mano che la tecnica migliora e le attese lievitano. Sembra di fare le aste, come si faceva una volta per imparare a scrivere: anzichè farci scrivere delle parole, ci facevano prendere il quaderno a quadretti grandi e ci facevano fare le aste sui quadrati, tipo tracciare una piccola diagonale tra l'angolo superiore sinistro e l'angolo inferiore destro del quadratino, per insegnarci a scrivere, dicevano loro . . . . Ecco, ogni volta che affronto una canzone bella e difficile da rendere in tutto il suo fascino ed il suo pathos mi sembra di fare le aste . . . .
Ma non c'è mica qualche trucchetto, qualche scorciatoia, qualcosa che mi è sfuggito, e che magari si compra alla Coop; sono disposto a pagare bene, eh?! "Scusi, mi da un mezzo chilo di talento, e se poi mi fa un buon prezzo ne prendo anche un chilo, crepi l'avarizia!"

Va bene, siamo seri, riprendo le mie elucubrazioni napoletane, e grazie per la pazienza.
Carlo.