PEDISSEQUAMENTE
Inviato: venerdì 20 gennaio 2017, 15:44
L'altro giorno il nostro compagno di giochi Luisiccu, usò, nel thread "2017 UN ANNO PIENO DI ARMONICA . . .", in cui ha deposto una bella interpretazione anche Fabio, l'aggettivo "pedissequo" dicendo, relativamente al brano di Fabio, giustamente aggiungo io, che non si trattava di "pedissequo rifacimento".
Mi piacerebbe parlarne, bonariamente e pacatamente, come conviene, evidenziando l'aspetto puramente musicale di tale aggettivo.
Detta in quel contesto tale affermazione implica, a parer mio, che i lavori di chi invece si attiene alle melodie originali possano o addirittura debbano risultare dei pedissequi rifacimenti.
Ebbene io sono uno di quelli che si rifà sempre agli originali, seguendone gli spartiti in modo metodico e rigoroso, in quanto tale procedura rappresenta per me il mio esercizio quotidiano sulla musica e la mia ambizione non è tanto "artistica" quanto semplicemente evocativa, di belle canzoni vecchie e dimenticate, che amo riportare alla luce, nella loro natura, senza troppe alterazioni interpretative, di cui non sarei nemmeno capace.
Ma veniamo al termine: fare una cosa pedissequamente; cosa significa? Significa farla senza aggiungervi della creatività propria, senza modificarla, rifarla così come era stata fatta precedentemente da altri.
Ebbene sì, supponendo, per assurdo, che Luisiccu, indirettamente, si riferisse anche a me, egli avrebbe perfettamente ragione, in quanto molti dei brani che presento sono dei rifacimenti, tratti ed ispirati dagli originali e dai file midi relativi, anch'essi ispirati agli originali; ma c'è un però, ed è che io li propongo suonandoli con l'armonica, con il mio suono, con le mie capacità o incapacità esecutive, ed è proprio lì che sta la creatività, anche visto e considerato che il mio scopo è solo quello di ricordare una canzone.
Se un brano è in qualche modo conforme e rispettoso dell'originale è necessariamente "pedissequo"?
E non lo è se è diverso dall'originale?
E i pa-ppa-zum che facciamo quando vogliamo sviare dalle regole, sempre uguali, allora cosa sono, forme d'arte popolare?
Vorrei spiegarmi meglio, ma mi rendo conto che, specie da quando ho aperto questa sezione, ci sono, non da parte di tutti, ma da parte di alcuni, forti riluttanze nei miei confronti e in queste condizioni non è facile farsi capire, ma ci provo, e in ogni caso vado dritto per la mia strada, suonando quello che mi piace e scrivendo di quello che mi piace e di quello che non mi piace, perché di falsità e ipocrisie ne ho piene le scatole, e il 2017 voglio sia un anno nuovo, un anno schietto e sincero, senza troppi leccaculismi.
Supponiamo, per intenderci, che voglia leggervi il primo canto dell'Inferno dantesco:
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Oppure leggervi l'incipit dei Promessi Sposi:
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien quasi a un tratto, tra un promontorio a destra e un'ampia costiera dall'altra parte.
Un mero rifacimento? No, una lettura, un'evocazione, che può avere più o meno enfasi, più o meno significato a seconda di come viene eseguita, a seconda di chi la legge.
Se la volessi "interpretare" dovrei usare altre parole, senza cambiarla di significato; se volessi farne un esercizio linguistico e lessicale dovrei riferirla come un "liberamente tratto", diverso dall'originale, tipo:
"Al centro del percorso di questa esistenza terrena
giunsi in una nera macchia boschiva
avendo io perduto la via maestra e con essa la rotta.
Solo al ricordo di quella macchia nera,
tanto terribile e terrificante,
mi si riaccende nell'animo la paura."
Oppure:
Quell'angolo del lago di Como rivolto a Sud, tra le montagne che creano, conseguentemente allo loro orografia, golfi e insenature, tra coste e promontori.
Dove sta il problema?
Certo i versi assumono maggiore o minore fascino secondo chi li legge, ma il senso del messaggio resta e ciascuno lo offre in base alle proprie capacità, ma mai uguale ad altri, anche se, tornando a noi, si usasse lo stesso strumento; figuriamoci poi se uno dei due usa l'armonica a bocca, con la quale vengono suonati sempre gli stessi brani, quelli che notoriamente si prestano e vengono bene!
La lettura fedele del testo originale è come eseguire lo spartito musicale di un brano, tipo quello che allego per esempio; la successiva interpretazione, cambiandone le parole, ma senza stravolgerne il significato, è una forma di Jazz letterario, Jazz verbale, tutto qui.
Perché dire "non è un pedissequo rifacimento", se non per indicare qualcosa o qualcuno che, come me, gradisce la conformità all'originale?
Bene, tornando al piccolo spartito allegato, tratto dal solito libro di prima media di mio figlio dal quale ho tratto anche quel difficilissimo brano usato come sigla dell'Eurovisione, di quel brano, appunto, vi propongo, oltre allo spartito, un "pedissequo rifacimento" che feci nel 2012, compresa la base, aggiungendo che, purtroppo, non avrei saputo in quale altro modo suonare quelle note. Per me quello spartito, come tutto ciò che suono, recitava in quel modo, e così lo suonai. E così lo suonerei se lo risuonassi adesso. E non è affatto pedissequo.
Capisco che si tratta di poca cosa, ma altro non ho, e se lo avessi sarei un musicista e non sarei qua ad intrattenermi piacevolmente con tutti voi.
Stretta è la foglia, larga è la via . . . .
Carlo
Mi piacerebbe parlarne, bonariamente e pacatamente, come conviene, evidenziando l'aspetto puramente musicale di tale aggettivo.
Detta in quel contesto tale affermazione implica, a parer mio, che i lavori di chi invece si attiene alle melodie originali possano o addirittura debbano risultare dei pedissequi rifacimenti.
Ebbene io sono uno di quelli che si rifà sempre agli originali, seguendone gli spartiti in modo metodico e rigoroso, in quanto tale procedura rappresenta per me il mio esercizio quotidiano sulla musica e la mia ambizione non è tanto "artistica" quanto semplicemente evocativa, di belle canzoni vecchie e dimenticate, che amo riportare alla luce, nella loro natura, senza troppe alterazioni interpretative, di cui non sarei nemmeno capace.
Ma veniamo al termine: fare una cosa pedissequamente; cosa significa? Significa farla senza aggiungervi della creatività propria, senza modificarla, rifarla così come era stata fatta precedentemente da altri.
Ebbene sì, supponendo, per assurdo, che Luisiccu, indirettamente, si riferisse anche a me, egli avrebbe perfettamente ragione, in quanto molti dei brani che presento sono dei rifacimenti, tratti ed ispirati dagli originali e dai file midi relativi, anch'essi ispirati agli originali; ma c'è un però, ed è che io li propongo suonandoli con l'armonica, con il mio suono, con le mie capacità o incapacità esecutive, ed è proprio lì che sta la creatività, anche visto e considerato che il mio scopo è solo quello di ricordare una canzone.
Se un brano è in qualche modo conforme e rispettoso dell'originale è necessariamente "pedissequo"?
E non lo è se è diverso dall'originale?
E i pa-ppa-zum che facciamo quando vogliamo sviare dalle regole, sempre uguali, allora cosa sono, forme d'arte popolare?
Vorrei spiegarmi meglio, ma mi rendo conto che, specie da quando ho aperto questa sezione, ci sono, non da parte di tutti, ma da parte di alcuni, forti riluttanze nei miei confronti e in queste condizioni non è facile farsi capire, ma ci provo, e in ogni caso vado dritto per la mia strada, suonando quello che mi piace e scrivendo di quello che mi piace e di quello che non mi piace, perché di falsità e ipocrisie ne ho piene le scatole, e il 2017 voglio sia un anno nuovo, un anno schietto e sincero, senza troppi leccaculismi.
Supponiamo, per intenderci, che voglia leggervi il primo canto dell'Inferno dantesco:
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Oppure leggervi l'incipit dei Promessi Sposi:
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien quasi a un tratto, tra un promontorio a destra e un'ampia costiera dall'altra parte.
Un mero rifacimento? No, una lettura, un'evocazione, che può avere più o meno enfasi, più o meno significato a seconda di come viene eseguita, a seconda di chi la legge.
Se la volessi "interpretare" dovrei usare altre parole, senza cambiarla di significato; se volessi farne un esercizio linguistico e lessicale dovrei riferirla come un "liberamente tratto", diverso dall'originale, tipo:
"Al centro del percorso di questa esistenza terrena
giunsi in una nera macchia boschiva
avendo io perduto la via maestra e con essa la rotta.
Solo al ricordo di quella macchia nera,
tanto terribile e terrificante,
mi si riaccende nell'animo la paura."
Oppure:
Quell'angolo del lago di Como rivolto a Sud, tra le montagne che creano, conseguentemente allo loro orografia, golfi e insenature, tra coste e promontori.
Dove sta il problema?
Certo i versi assumono maggiore o minore fascino secondo chi li legge, ma il senso del messaggio resta e ciascuno lo offre in base alle proprie capacità, ma mai uguale ad altri, anche se, tornando a noi, si usasse lo stesso strumento; figuriamoci poi se uno dei due usa l'armonica a bocca, con la quale vengono suonati sempre gli stessi brani, quelli che notoriamente si prestano e vengono bene!
La lettura fedele del testo originale è come eseguire lo spartito musicale di un brano, tipo quello che allego per esempio; la successiva interpretazione, cambiandone le parole, ma senza stravolgerne il significato, è una forma di Jazz letterario, Jazz verbale, tutto qui.
Perché dire "non è un pedissequo rifacimento", se non per indicare qualcosa o qualcuno che, come me, gradisce la conformità all'originale?
Bene, tornando al piccolo spartito allegato, tratto dal solito libro di prima media di mio figlio dal quale ho tratto anche quel difficilissimo brano usato come sigla dell'Eurovisione, di quel brano, appunto, vi propongo, oltre allo spartito, un "pedissequo rifacimento" che feci nel 2012, compresa la base, aggiungendo che, purtroppo, non avrei saputo in quale altro modo suonare quelle note. Per me quello spartito, come tutto ciò che suono, recitava in quel modo, e così lo suonai. E così lo suonerei se lo risuonassi adesso. E non è affatto pedissequo.
Capisco che si tratta di poca cosa, ma altro non ho, e se lo avessi sarei un musicista e non sarei qua ad intrattenermi piacevolmente con tutti voi.
Stretta è la foglia, larga è la via . . . .
Carlo